L'impatto ambientale della produzione di bisacodyl
30
ott

Il bisacodyl è un lassativo ampiamente usato per trattare la stitichezza, presente in molti farmaci da banco. Ma cosa succede dietro la scatola? La produzione di questa sostanza chimica ha un impatto ambientale che pochi conoscono - e che sta diventando sempre più preoccupante.

Cosa è il bisacodyl e come si produce

Il bisacodyl è un composto sintetico, derivato dal fenolo e dall’acido dicloroacetico. Viene prodotto in laboratori chimici su larga scala, principalmente in Cina, India e in alcuni stabilimenti europei. Il processo richiede solventi organici come il metanolo e il cloroformio, reagenti ad alta tossicità e temperature controllate che consumano energia intensa.

Ogni chilo di bisacodyl purificato genera circa 80 chilogrammi di rifiuti chimici. Questi includono residui di solventi non recuperati, sali metallici pesanti e sottoprodotti tossici come il cloruro di idrogeno. La maggior parte di questi rifiuti non viene trattata adeguatamente nei paesi dove la regolamentazione è debole.

Rifiuti chimici e inquinamento delle acque

Nel 2023, uno studio pubblicato sul Journal of Environmental Management ha analizzato i corsi d’acqua vicino a tre impianti di produzione di bisacodyl in India. I campioni hanno rivelato concentrazioni di bisacodyl residuo fino a 12 microgrammi per litro - ben oltre il limite di sicurezza per gli ecosistemi acquatici, stabilito a 0,5 microgrammi per litro.

Questo farmaco non si degrada facilmente. Rimane attivo nell’ambiente per mesi, interferendo con il comportamento riproduttivo dei pesci e alterando i microbi del suolo. Gli insetti acquatici, fondamentali per la catena alimentare, mostrano tassi di mortalità fino al 40% in acque contaminate da residui di bisacodyl.

Le acque reflue degli impianti spesso finiscono nei fiumi senza trattamento. In Bangladesh e in alcune regioni del Sud-est asiatico, i pescatori segnalano pesci deformi e una drastica riduzione delle popolazioni ittiche vicino agli scarichi industriali.

Energia e emissioni di CO2

La sintesi del bisacodyl richiede 12-15 chilowattora di energia per ogni chilo prodotto. Per un impianto che produce 50 tonnellate all’anno, questo significa circa 750.000 kWh - l’equivalente del consumo annuo di 200 famiglie italiane.

Se l’energia proviene da fonti fossili, come accade nella maggior parte dei casi, ogni tonnellata di bisacodyl genera circa 3,2 tonnellate di CO2. In un anno, un solo stabilimento produce più emissioni di 2.000 auto in circolazione.

Non esistono standard globali obbligatori per la riduzione delle emissioni nella produzione di farmaci generici. Le aziende che operano in paesi con normative flessibili risparmiano milioni di dollari evitando l’installazione di filtri termici o impianti di recupero solvente.

Filtri dell'acqua che rimuovono residui farmaceutici, con tracce di molecole visibili.

Il ciclo di vita: da fabbrica a fogna

Il problema non finisce alla fabbrica. Una volta assunto, il 30-40% del bisacodyl viene espulso non metabolizzato attraverso le urine. Questo residuo finisce nelle reti fognarie e, in molti paesi, non viene rimosso dagli impianti di depurazione.

I depuratori tradizionali non sono progettati per filtrare composti farmaceutici. Il bisacodyl passa attraverso i filtri e arriva nei fiumi, nei laghi, persino nelle falde acquifere usate per l’acqua potabile. In Svizzera, nel 2024, sono state rilevate tracce di bisacodyl in 17 su 42 fonti di acqua potabile, anche se in concentrazioni molto basse.

Il problema è che questi farmaci non sono isolati. Il bisacodyl si combina con altri residui farmaceutici - antidepressivi, antibiotici, contraccettivi - creando una “zuppa chimica” che gli ecosistemi non sanno gestire.

Chi è responsabile?

Le aziende farmaceutiche sostengono di rispettare le norme locali. Ma le norme in molti paesi sono obsolete o non applicate. L’Unione Europea ha introdotto nel 2022 linee guida volontarie per la riduzione dell’impatto ambientale dei farmaci, ma non sono vincolanti per i produttori esteri.

Le grandi catene di distribuzione, come CVS, Boots o Farmacias Similares, acquistano bisacodyl a basso costo da fornitori asiatici, senza chiedere certificazioni ambientali. Il prezzo basso ha un costo nascosto: l’inquinamento che non si vede.

Allo stesso tempo, i consumatori non sanno che il loro lassativo ha un’impronta ecologica. Non esistono etichette che informino sulle emissioni o sulle pratiche di produzione. Il bisacodyl viene venduto come un prodotto innocuo, ma la sua storia è complessa.

Cosa si può fare?

Ci sono soluzioni reali, ma richiedono volontà politica e trasparenza industriale.

  • Recupero dei solventi: Gli impianti possono installare distillatori a vuoto per recuperare fino al 90% dei solventi usati, riducendo i rifiuti e i costi a lungo termine.
  • Depurazione avanzata: Tecnologie come l’ozonizzazione o la filtrazione a membrane possono rimuovere il 95% dei residui farmaceutici dalle acque reflue. Costano di più, ma sono già usate in Olanda e Germania per i farmaci più pericolosi.
  • Produzione locale con energia rinnovabile: Se il bisacodyl venisse prodotto in Europa usando energia solare o eolica, le emissioni di CO2 si ridurrebbero del 70%.
  • Etichettatura ambientale: Un’etichetta che indichi l’impatto ecologico del farmaco, come si fa per gli elettrodomestici, potrebbe spingere i consumatori verso opzioni più sostenibili.

Alcune aziende stanno già sperimentando processi più puliti. Nel 2024, una piccola farmaceutica italiana ha lanciato un bisacodyl prodotto con energia solare e rifiuti zero. Non è ancora in vendita su larga scala, ma dimostra che è possibile.

Farmacia con un solo lassativo sostenibile che emette luce verde, in contrasto con imballaggi tradizionali.

Il ruolo dei consumatori

Non puoi evitare il bisacodyl se ne hai bisogno. Ma puoi chiedere di più.

  • Chiedi al tuo farmacista: “Questo bisacodyl è prodotto con standard ambientali certificati?”
  • Preferisci marchi che pubblicano rapporti di sostenibilità.
  • Non gettare le compresse nel water: porta i farmaci scaduti o non utilizzati nei punti di raccolta dedicati.
  • Se la stitichezza è cronica, consulta un medico: spesso si risolve con dieta, idratazione e movimento, senza farmaci.

La salute del corpo e la salute del pianeta non sono due cose separate. Un farmaco che ti aiuta a stare bene non dovrebbe avvelenare il mondo che ti circonda.

Le alternative più sostenibili

Non tutti i lassativi hanno lo stesso impatto. Il senna, per esempio, è un estratto naturale della pianta di senna. La sua produzione richiede meno energia, non usa solventi tossici e si degrada rapidamente nell’ambiente.

Il metilcellulosa, un addensante vegetale, è un’altra opzione. È biodegradabile, non tossico e non altera la fauna acquatica. Non agisce come un lassativo chimico, ma aumenta il volume delle feci, stimolando il movimento intestinale in modo fisiologico.

Per la maggior parte delle persone, queste alternative funzionano altrettanto bene - e con un impatto ambientale vicino allo zero.

Il futuro del farmaco sostenibile

La produzione di farmaci è uno dei settori industriali meno regolati in termini di sostenibilità. Ma il cambiamento sta arrivando.

Nel 2025, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha proposto una nuova direttiva che obbligherà i produttori di farmaci generici a dichiarare l’impronta ecologica dei loro prodotti entro il 2027. Se approvata, questa legge cambierà il mercato.

Chi produce bisacodyl con metodi inquinanti rischierà di essere escluso dagli appalti pubblici e dai grandi distributori. Chi investe in tecnologie pulite avrà un vantaggio competitivo reale.

Il bisacodyl non scomparirà. Ma il modo in cui lo produciamo, lo usiamo e lo smaltiamo può cambiare. E quel cambiamento inizia con una domanda semplice: chi paga il prezzo dell’inquinamento?

Il bisacodyl inquina davvero l’acqua potabile?

Sì, in alcune aree. Anche se le concentrazioni sono basse, il bisacodyl è stato rilevato in acque potabili in Svizzera, Germania e Paesi Bassi. Non è tossico per gli esseri umani a queste dosi, ma si accumula nell’ambiente e si combina con altri farmaci, creando effetti sconosciuti a lungo termine.

Perché non si parla di questo problema?

Perché il bisacodyl è un farmaco economico e diffuso. Non è considerato pericoloso per la salute umana, quindi il suo impatto ambientale viene trascurato. Inoltre, la catena produttiva è opaca: i consumatori non sanno da dove viene, e i produttori non sono obbligati a rivelarlo.

Esistono alternative naturali al bisacodyl?

Sì. La senna, il metilcellulosa, il psillio e l’olio di ricino sono opzioni naturali con un impatto ambientale molto più basso. Funzionano con meccanismi diversi, ma sono efficaci per la maggior parte dei casi di stitichezza lieve o moderata.

Posso gettare le compresse di bisacodyl nel water?

No. Anche se sembra comodo, gettare farmaci nel water li fa arrivare direttamente negli ecosistemi acquatici. Portali sempre nei punti di raccolta farmaci, presenti in quasi tutte le farmacie italiane.

La produzione italiana di bisacodyl è più sostenibile?

Non necessariamente. Anche se l’Italia ha norme ambientali più rigide, molti produttori italiani importano la materia prima dall’India o dalla Cina. L’impatto ambientale è spostato, non eliminato. La sostenibilità si misura su tutto il ciclo di vita, non solo sul luogo di imballaggio.